Il comportamento colposo del datore di lavoro è un argomento che suscita sempre interesse, nonostante spesso e volentieri venga affrontato con superficialità.

Le dinamiche lavorative incidono nella vita delle persone, creando situazioni spiacevoli che vanno risolte il prima possibile.

Comporamento colposo del datore di lavoro

Comportamento colposo del datore di lavoro – La Normativa

Ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile, il datore di lavoro è tenuto ad astenersi da iniziative che possano costituire condizioni lavorative stressogene.

Come ben sappiamo, nonostante vi siano norme atte a salvaguardare i lavoratori diversi ambiti nascondono delle criticità.

Motivo per cui, oggi vorremo fare un po’ di chiarezza riguardo quest’argomento: aiutare coloro che potrebbero trovarsi nella medesima situazione senza avere gli strumenti e le conoscenze per uscirne.

Comportamento colposo del datore di lavoro

Dinamiche

È di nodale importanza valutare dettagliatamente l’entità dei comportamenti da denunciare, per non ricorrere a pratiche legali che possano ritorcersi contro al lavoratore.

Vi è la necessità di un’analisi dettagliata del caso, per poter capire se ciò che si sta subendo coincide con gli atteggiamenti puniti per legge.

Demansionamento

Consiste nell’attribuzione al dipendente di mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto o addirittura la sottrazione delle mansioni precedentemente esercitate.

Demansionare influisce sulla dignità e sulla capacità professionale del lavoratore, ma in certi casi evita che si arrivi alla perdita del posto di lavoro.

Per questa ragione, recentemente il legislatore è intervenuto per mitigare e disciplinare, la tassatività del divieto cui il demansionamento godeva nella precedente formulazione dell’art. 2103 c.c.

Attuando una disposizione che desse la possibilità di modificare le mansioni del lavoratore in caso di riorganizzazione aziendale.

Straining – Che cos’è?

Questo termine individua una situazione di stress occupazionale, caratterizzata dal verificarsi di almeno un’azione ostile, i cui effetti negativi sono destinati ad avere durata protratta e costante nel tempo.

Trattasi, in altri termini, di una condizione psicologica che si colloca a metà strada fra il comune stress lavorativo e il più grave fenomeno oppressivo del mobbing.

Esso è configurabile quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie (Cass. 18164/2018) o esse siano limitate nel numero (Cass. 7844/2018).

Mobbing – Che Cos’è?

Il mobbing sul lavoro consiste in un agglomerato di comportamenti violenti da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, esteso nel tempo e pregiudizievole della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica del medesimo.

Requisiti per riconoscere mobbing e comportamento colposo del datore

– Elemento obiettivo

– Elemento soggettivo

Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l’elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta oppressiva, va ricercato non nell’illegittimità delle singole azioni bensì nell’intenzione persecutoria che li lega.

Vi è da precisare che nel caso in cui il datore di lavoro intervenga per ripristinare la serenità necessaria per il corretto adempimento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore.

Costrittività organizzativa

Il riconoscimento della rilevanza in tale ambito di tecnopatie da costrittività organizzativa è rinvenibile nella circolare INAIL n. 71 del 17 dicembre 2003.

I disturbi psichici quindi possono essere considerati di origine professionale solo se sono prodotti in modo prevalente, da particolari condizioni dell’attività e della organizzazione del lavoro.

Si ritiene che tali condizioni ricorrano esclusivamente in presenza di situazioni di incongruenza delle scelte in ambito organizzativo, situazioni definibili con l’espressione “costrittività organizzativa”.
Riportiamo in seguito, un elenco che riveste un imprescindibile valore orientativo per eventuali situazioni assimilabili.

  • Marginalizzazione dalla attività lavorativa
  • Svuotamento delle mansioni
  • Mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata
  • Mancata assegnazione degli strumenti di lavoro
  • Ripetuti trasferimenti ingiustificati
  • Prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto
  • Prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici
  • Impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie
  • Inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro
  • Esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale
  • Esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo.

Comportamento colposo del datore – Considerazioni

Sperando possano esservi utili le informazioni trattate, rimaniamo a completa disposizione per eventuali dubbi e chiarimenti riguardo l’argomento in questione.

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